Newsletter elettronica n. 14 – ottobre 2017 |
Gli abbiamo fatto un po’ di domande sul nuovo ruolo, sull’attività ed il futuro del Distretto. Essere Segretario Generale di una Autorità di Distretto è un ruolo importante. Quindi? Cosa fa? E’ colui che individua gli elementi fondamentali dell’organizzazione, pianifica ruoli e operazioni in funzione degli obiettivi che devono essere raggiunti nel contesto normativo. Organizza la performance collettiva e rappresenta un importante punto di riferimento per gli organi collegiali, dove ci si confronta e si assumono decisioni. Collabora con il Ministero nell’ottica più ampia della gestione del territorio. I Distretti hanno responsabilità e leve importanti per la pianificazione e la tutela. Lei cosa ne pensa? Confermo. Il ruolo della pianificazione è fondamentale nell’uso dell’acqua e nella difesa del territorio. E’ uno strumento complesso, fatto di scelte complesse in ragione degli interessi economici sottesi dall’uso delle acque e le necessarie interazioni con la collettività. La pianificazione, fissati gli obiettivi di governo del sistema territoriale e delle acque, indica in modo organico e coordinato i mezzi, gli strumenti e le azioni in un contesto in evoluzione. Per sviluppare e dare concreta operatività alla pianificazione è necessario agire sulla cultura nel medio e lungo periodo con diffusa e costante attenzione ai temi della tutela ambientale, della mitigazione del rischio. La pianificazione è nata con la Commissione Medici sull’uso dell’acqua e con la Commissione De Marchi, istituita dopo le alluvioni del 1966, commissione interministeriale per lo studio della sistemazione idraulica e della difesa del suolo, che proposero una serie di interventi distribuiti in 30 anni. Una visione strategica che considerò la pianificazione uno strumento centrale fu prevista dalla legge 183 del 1989, che diede forma ufficiale alla pianificazione integrata di bacino: legge antesignana delle direttive europee per la gestione del rischio di alluvioni e la protezione delle acque, che nonostante problemi di reale applicazione e insuccessi aveva visto in là. Solamente un approccio sistemico coglie le connessioni tra territorio e componenti socioeconomiche. E’ lontano il 1939, quando il piano di industrializzazione autarchica invitava all’uso dell’acqua “fino all’ultima goccia”, senza nessuna considerazione per la componente ambientale. Lei ricopre, per il ruolo che ha, quelle che in gergo vengono chiamate “posizioni di potere”. Cosa può dire al riguardo? Una posizione di potere va ricondotta al concetto di autorevolezza. C’è una profonda differenza tra autoritarismo e autorevolezza. Il connubio di saperi tra uno staff di persone coordinate e chi ha esperienza è utile. L’autorevolezza si guadagna sul campo. Non si è mai trovato nella necessità di fare scelte dolorose, ovviamente da un punto di vista professionale? Scelte dolorose sono state quelle fatte quando mi sono trovato nelle condizioni di dover valutare la soluzione “meno peggiore”: è la quotidianità del lavoro del funzionario pubblico che ha davanti a sé l’interesse di tutti. Trovare il punto di convergenza e di equilibrio tra molti interessi, scevro da una posizione precostituita, e collegare interessi convergenti su problematiche di gestione del territorio è la via per trovare le migliori soluzioni (che non sempre sono quelle che piacciono di più). La parola chiave è “buon senso”. Quali sono le migliori scelte che ha fatto da un punto di vista professionale? Quelle in cui mi sono posto nella posizione di crescere professionalmente, ascoltando chi presenta motivatamente e in termini costruttivi suggerimenti, considerazioni che fanno individuare molteplici punti di vista e concorrono a sviluppare l’azione della pubblica amministrazione. Ricordo il fervore ad esempio nel periodo in cui l’ex segretario Mario Govi ci spronò a lavorare solo ricorrendo alle nostre forze senza il supporto di soggetti esterni, per produrre studi, piani e sviluppare tematiche oggetto del nostro lavoro. La voglia di sviluppare studi dalle nostre valutazioni e di far crescere il nostro personale ha avviato performance eccellenti, impiegando i funzionari che hanno conseguito dottorati di ricerca, corsi di specializzazione, conseguendo uno sviluppo professionale di alto livello. La sintesi di tale percorso è maturata in vari progetti europei in cui è stato apprezzato il nostro metodo di lavoro, le capacità e le nostre competenze. Il suo know-how sarà ancora a disposizione dello staff? Sarà sempre a disposizione di tutti, in ogni momento. Lei dovrà garantire unità e trasversalità tra i due piani acque e rischio alluvioni: come progetta questo processo? La trasversalità tra i due piani richiede un’articolata e diversificata attività di conoscenza delle tematiche connesse. I punti di contatto tra i due ambiti richiedono un approccio multidisciplinare tra l’idrologia, la geologia, la biologia affinché colloquino e stabiliscano elementi di connubio tra le tematiche sottese dalle due direttive. Il processo è davvero complesso e richiede una maturazione delle problematiche legate alla protezione delle acque e alla gestione del rischio di alluvioni dal deflusso ecologico, alla morfodinamica, alle conseguenze dirette e indirette nell’assetto del territorio. Lo sforzo proiettivo richiede una visione olistica, capace di valutare le molteplici componenti del sistema fluviale anche tenendo conto delle forzanti socio-economiche relative alla gestione delle risorse idriche a scala di distretto. La strada è impegnativa e lunga da percorrere anche perché i nostri sono corsi d’acqua a carattere torrentizio, rapidi, impulsivi: solo un approccio olistico può permettere ad esperti di differenti discipline di integrare dati, previsioni modellistiche e conoscenze specialistiche e raggiungere, attraverso il processo di partecipazione pubblica, il consenso sulla governance dei fiumi. Ci racconta un aneddoto, un incontro che Le sta particolarmente a cuore? Vi parlo di due incontri, con due persone che rimangono per me due riferimenti importanti, che mi hanno formato. Il primo è l’ingegner Antonio Borrelli, per il quale ho avuto molta stima ed è stato colui per cui ho intrapreso questo percorso nel 1990. Formatosi nell’ambito delle opere pubbliche, sotto il Ministero dei Lavori Pubblici, aveva successivamente dato forma anche alle corrispondenti strutture regionali ed aveva ben chiaro il concetto di gestione della pubblica amministrazione. Era il vero ingegnere capo. Ricordo bene la prima volta che lo incontrai perché non sapevo se potevo sedermi o meno. Il secondo è stato il dott. Mario Govi, uno scienziato. Geomorfologo incredibilmente bravo, di grande profilo e correttezza morale e di enormi capacità umane. Fu segretario generale mentre ero dirigente tecnico e fu feeling immediato tra noi. Scattò una collaborazione incredibile che ricordo con estremo piacere, perché ha spinto a produrre studi con la nostra unica forza e ha stimolato lo sviluppo di temi mantenuti vivi dai nostri specialisti. Ho con affetto ricordato questo speciale maestro ed amico nell'articolo Gli argini e la pianificazione del territorio: un rapporto molto difficile. In ricordo di Mario Govi La sua parola d’ordine? Proporre, proporre, proporre, proporre. |
Questa attività è risultata finalista tra quasi 250 candidature pervenute al Premio OpenGov Champion organizzato e promosso dal Dipartimento della Funzione Pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri, in collaborazione con l’Open Government Forum. Il premio è finalizzato a riconoscere e valorizzare nelle organizzazioni pubbliche italiane l’adozione di pratiche ispirate ai principi fondanti dell’amministrazione aperta. E’ occasione per dare visibilità e riconoscimento alle tante amministrazioni che si stanno impegnando in percorsi di apertura. In coerenza con le richieste avanzate dalle organizzazioni della società civile, risponde alla finalità di diffondere la cultura dell’Open Government in un numero sempre maggiore di amministrazioni, promuovendo l’adozione di prassi virtuose in materia di trasparenza amministrativa, open data, partecipazione, accountability, cittadinanza e competenze digitali. Quale riconoscimento per il valore dell'iniziativa è stato consegnato all’Autorità di Distretto un attestato a firma del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, Maria Anna Madia. >> Per saperne di più |
Per questo, nell’anno in corso l’Osservatorio permanente sugli utilizzi idrici nel Distretto idrografico delle Alpi Orientali ha orientato prioritariamente la propria attività al tema della carenza idrica, sviluppando una serie di approfondimenti, elaborando programmi di misure, coinvolgendo ripetutamente nei confronti e nelle analisi tutti i soggetti interessati. Lo stato delle risorse idriche è stato monitorato a partire dal mese di gennaio (19/01/2017) e già negli incontri tenutesi in febbraio erano state rappresentate le condizioni di criticità che avrebbero potuto insistere su alcuni corsi d’acqua a causa della limitata coltre nivale nella parte montana. Le attività svolte in seno all’Osservatorio, che fino a metà agosto ha svolto ben 26 incontri, hanno consentito dapprima la elaborazione di un documento sullo stato della risorsa idrica e di orientamento rivolto agli Enti ed Autorità competenti al fine di poter predisporre per tempo le eventuali misure di mitigazione (aprile 2017). Si è proceduto quindi all’analisi, condivisione e quindi attuazione - alla fine del mese di aprile, primi di maggio - di misure di mitigazione della grave situazione di carenza di idrica presente alla foce del fiume Adige. Tali misure sono state attuate attraverso una costruttiva collaborazione tra le amministrazioni che insistono sul bacino (Regione del Veneto, Provincia Autonoma di Trento e Provincia Autonoma di Bolzano). Gli eventi meteorologici di fine aprile e maggio hanno poi permesso di alleggerire temporaneamente la pressione derivante dalla carenza di risorsa idrica, mitigando le condizioni critiche nel reticolo superficiale del Distretto e anche del bacino dell’Adige, ed in particolare nel fiume Adige stesso, consentendo anche un temporaneo incremento del manto nevoso nella parte montana del bacino. La successiva fase di scioglimento della (comunque scarsa) copertura nivale ha, infatti, consentito di soddisfare temporaneamente i diversi utilizzi della risorsa. L’Osservatorio ha comunque proseguito con il monitoraggio e la valutazione della disponibilità della risorsa idrica a scala distrettuale e di singolo bacino e, per quello dell’Adige che in quella fase si trovava nella condizione di maggiore criticità, ha proceduto alla messa a punto di un "programma di misure urgenti per la gestione della carenza idrica per la stagione 2017", condiviso fra le Amministrazioni nell’incontro del 23 giugno, che ha individuato preventivamente le possibili misure da attivare nel corso delle settimane successive nel momento in cui avessero dovuto ancora ripresentarsi condizioni di criticità degli approvvigionamenti dal fiume. Va peraltro precisato che, dopo la fase di forte criticità di aprile, la disponibilità di risorsa è stata sempre mantenuta a livelli tali da soddisfare in gran parte la domanda idrica, grazie anche a specifici e puntuali provvedimenti delle Amministrazioni che nel corso della stagione hanno contribuito a sostenere tali livelli. Importante rilevare a questo proposito che proprio l’aperta collaborazione tra le amministrazioni e gli utilizzatori della risorsa idrica (idroelettrici, irrigui, idropotabili), coordinata attraverso l’Osservatorio dal Distretto idrografico e dal Ministero dell’Ambiente, ha permesso la gestione del fenomeno di carenza idrica del 2017 con una sostanziale minimizzazione dei costi indotti. Sul tema della carenza idrica nel 2017, il Distretto ha anche relazionato nel mese di settembre alla VIII^ Commissione Ambiente della Camera dei Deputati nel corso di una audizione per la “indagine conoscitiva sull'emergenza idrica e sulle misure necessarie per affrontarla” avviata dalla Commissione stessa. |
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