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Repertorio delle Aree protette

 

L’istituzione del repertorio delle aree protette è un adempimento previsto dall’art. 117 del D.Lgs 152/2006 che recepisce le modalità con cui i Piani di gestione e il registro stesso devono essere adottati e che deve essere aggiornato alla scala distrettuale.

Le aree protette individuate nel distretto idrografico delle Alpi orientali sono costituite da tutte le aree distrettuali alle quali è stata attribuita una particolare protezione, in funzione di una specifica norma comunitaria e nazionale, allo scopo di proteggere i corpi idrici superficiali e sotterranei in esse contenuti o di conservare gli habitat e le specie presenti che dipendono direttamente dall'ambiente acquatico.

L’articolo 6 e l’allegato IV della Direttiva 2000/60/CE (DQA) richiedono agli Stati membri l’istituzione del suddetto repertorio e, per ciascuna area protetta individuata, il raggiungimento degli obiettivi di qualità perseguiti dai singoli corpi idrici dalla medesima normativa comunitaria, entro il 22 dicembre 2015. Nel repertorio sono stati presi in esame inoltre gli obiettivi supplementari, ai sensi dell’art. 4 lettera (c) delle medesima direttiva. I corpi idrici possono avere potenzialmente degli obiettivi più rigorosi in considerazione del fatto di essere correlati ad aree protette istituite da norme comunitarie che richiedono un regime di tutela maggiore o finalità diverse.

Sulla base delle informazioni trasmesse dalle Regioni e dalle Province Autonome per ogni tipologia di area protetta sono stati presi in considerazione:

- i presupposti normativi comunitari, nazionali e regionali/provinciali a norma dei quali le singole aree protette sono state istituite;
- i criteri di designazione delle aree protette;
- i criteri di individuazione dei corpi idrici correlati alle aree protette;
- gli obiettivi specifici per i corpi idrici correlati alle aree protette;
- le reti di monitoraggio per la verifica del raggiungimento degli obiettivi specifici.

Ai fini dell’implementazione della direttiva quadro acque, le aree protette sono costituite, secondo le indicazioni riportate nell’allegato IV della direttiva medesima, dalle seguenti tipologie:

- le aree per l’estrazione di acqua destinata al consumo umano (ai sensi della Direttiva 98/83/CE, recepita con D.Lgs 31/2001, e dell’articolo 7 della Direttiva 2000/60/CE, recepita con l’articolo 94 del D.Lgs 152/2006);
- le aree designate per la protezione di specie acquatiche significative dal punto di vista economico;
- i corpi idrici destinati agli usi ricreativi, inclusi quelli destinati alla balneazione (ai sensi della Direttiva 2006/7/CE, recepita dal D.Lgs 116/2008);
- zone vulnerabili ai nitrati di origine agro-zootecnica designate ai sensi della Direttiva 91/676 (recepita con l’articolo 92 del D.Lgs 152/2006 e dal D.M. del 7 aprile 2006);
- le aree sensibili designate ai sensi della Direttiva 91/271 (recepita mediante l’articolo 91 del D.Lgs 152/2006);
- le aree designate per la protezione degli habitat e delle specie, nelle quali mantenere o migliorare lo stato delle acque è importante per la loro protezione, compresi i siti della rete Natura 2000, istituiti a norma della direttiva 92/43/CEE (recepita con DPR 357/97 e s.m.i.) e della direttiva 2009/147/CE (recepita con Legge 157/92 e s.m.i.).

La normativa nazionale (articoli 84, 85, 87 e 89 del D.Lgs 152/06 e ss. mm. ii) prevede, inoltre, l’individuazione di ulteriori “acque a specifica destinazione” che, in taluni casi, possono coincidere con le aree designate per la protezione di specie acquatiche significative dal punto di vista economico, richiamate in precedenza come le acque dolci idonee alla vita dei pesci e le acque destinate alla vita dei molluschi. Tali acque a specifica destinazione, (che traggono la loro origine da quanto previsto dalle direttive 2006/44/CE e 2006/113/CE, abrogate) designate ai sensi della normativa nazionale vigente, sono da considerarsi aree protette ai sensi della direttiva 2000/60 CE.

 

 

Aree designate per l’estrazione di acque destinate al consumo umano

La normativa europea che regolamenta le acque destinate al consumo umano dal punto di vista della loro designazione e della conservazione della loro qualità fa capo sostanzialmente a due direttive.

La Direttiva 98/83/CE è finalizzata alla protezione delle acque in funzione della conservazione della salute umana. Essa stabilisce i requisiti di salubrità e pulizia cui devono soddisfare le acque potabili nell'Unione Europea, per essere destinate al consumo umano. Non si applica alle acque minerali naturali e le acque medicinali. La direttiva impone agli Stati membri:

-          di vigilare affinché l'acqua potabile non contenga concentrazioni di microrganismi, parassiti o altre sostanze tali da rappresentare un potenziale pericolo per la salute umana e soddisfi i requisiti minimi stabiliti dalla direttiva stessa (parametri microbiologici, chimici e relativi alla radioattività)
-          di effettuare controlli regolari delle acque destinate al consumo umano, rispettando i metodi di analisi specificati nella direttiva o utilizzando metodi equivalenti; a tal fine gli Stati membri determinano punti di prelievo dei campioni ed istituiscono opportuni programmi di controllo.

Con la Direttiva 2000/60/CE (articolo 7) viene previsto di individuare tutti i corpi idrici (superficiali e sotterranei) utilizzati per l'estrazione di acque destinate per il consumo umano che forniscono in media oltre 10 m3 al giorno o servono più di 50 persone, nonché i corpi idrici destinati a tale uso futuro. Per ognuno dei corpi idrici individuati è previsto che vadano monitorati quelli che forniscono in media oltre 100 m3 di acqua al giorno.

Gli Stati membri provvedono alla necessaria protezione dei corpi idrici individuati al fine di impedire il peggioramento della loro qualità per ridurre il livello della depurazione necessaria alla produzione di acqua potabile. Gli Stati membri possono definire zone di salvaguardia per tali corpi idrici.

In seguito all’emanazione della Direttiva 2000/60/CE viene poi pubblicata la Direttiva 2006/118/CE che istituisce un quadro per prevenire l’inquinamento delle acque con i seguenti scopi:

1)    istituire misure specifiche per prevenire l’inquinamento delle acque sotterranee ai sensi dell’articolo 17, paragrafi 1 e 2 della DQA. Tali misure comprendono in particolare criteri per valutare lo stato chimico delle acque sotterranee e per invertire le tendenze significative dell’aumento delle tendenze;

2)    integrare le disposizioni intese a prevenire o limitare le immissioni inquinanti nelle acque sotterranee, già previste nella DQA, e mira a preservare lo stato di tutti i corpi idrici sotterranei.

Di recente è stata inoltre emanata la Direttiva (UE) 2015/1787 della Commissione del 6/10/2015 “recante modifica degli allegati II e III della direttiva 98/83/CE del Consiglio concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano”. In quest’ultima Direttiva sono contenute disposizioni legislative, normative e degli adeguamenti regolamentari di convalida dei metodi di analisi accettati a livello internazionale a cui gli Stati membri devono conformarsi entro il 27 ottobre 2017.

 

Le Direttive europee sopra riportate sono state recepite in Italia dalle seguenti norme.

Il D.Lgs. 31/2001 e s.m.i, "Attuazione della direttiva 98/83/CE relativa alla qualità delle acque destinate al consumo umano", disciplina la qualità delle acque destinate al consumo umano al fine di proteggere la salute dagli effetti negativi derivanti dalla contaminazione delle acque, garantendone salubrità e pulizia. Definisce inoltre le procedure per la richiesta di deroga temporanea associata a nuovi valori limite da rispettare fino al risanamento. Sono fuori dal campo di applicazione del decreto le acque minerali naturali e medicinali riconosciute e le acque destinate esclusivamente a quegli usi per i quali la qualità delle stesse non ha ripercussioni, dirette od indirette, sulla salute dei consumatori interessati. Il decreto fissa standard di qualità relativi all'acqua distribuita a scopo idropotabile tramite reti acquedottistiche, bottiglie o cisterne, nonché impiegata nelle industrie per la preparazione degli alimenti; introduce la ricerca di parametri nuovi di controllo e stabilisce valori più restrittivi per alcuni parametri tossici, come piombo, nichel ed arsenico.

Il D. Lgs. 152/2006 e s.m.i (articolo 79) che fissa gli obiettivi di qualità delle acque a specifica destinazione tra le quali sono inserite le “Acque dolci superficiali destinate alla produzione di acqua potabile (articolo 79, comma 1, lettera a del Decreto medesimo).

Il D.Lgs. 152/2006 (articoli 80 e 82) che classifica le acque dolci superficiali destinate alla produzione di acqua potabile in funzione del trattamento a cui devono essere sottoposte per essere destinate all’uso potabile e fissano i criteri di individuazione con i quali designare i corpi idrici superficiali e sotterranei destinati all’ “utilizzo potabile” (recependo quanto previsto dalla DQA) nonché le autorità competenti a tale designazione.

Il D.Lgs. 152/2006 (articolo 94) che “disciplina le aree salvaguardia delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano”. Per aree di salvaguardia si intendono aree distinte in zone di tutela assoluta e zone di rispetto, nonché all’interno dei bacini imbriferi e delle aree di ricarica della falda, poste a protezione delle opere di captazione e derivazione idrica a scopo potabile. La designazione di tali aree è individuata nella Regione su proposta delle Autorità d’Ambito. Inoltre l’ Accordo tra Stato e Regioni del 12 Dicembre 2002, d'ora in poi designato quale "Accordo del 2002" sancisce il concetto che "la delimitazione delle aree di salvaguardia rappresenta una delle misure che consente la tutela dei corpi idrici".

Il Decreto del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare 8 novembre 2010, n. 260: Regolamento recante i criteri tecnici per la classificazione dello stato dei corpi idrici superficiali, per la modifica delle norme tecniche del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, predisposto ai sensi dell'articolo 75, comma 3, del medesimo decreto legislativo.

Si segnala infine il D. Lgs. 30/2009 che recepisce la Direttiva 2006/118/CE concernente la protezione delle acque sotterranee dall'inquinamento e dal deterioramento.

 

 

Aree di salvaguardia delle acque destinate al consumo umano

L'”Accordo del 2002” e il D. Lgs. 152/06 articolo 94 disciplinano i criteri da adottare al fine di individuare le aree di salvaguardia, introducendo il concetto di tutela assoluta. L'area di salvaguardia risulta distinta nelle seguenti subaree:

-          Area di tutela assoluta;
-          Area di rispetto ristretta e/o allargata;
-          Zona di protezione.

L'area di tutela assolutaè quella adibita esclusivamente alle opere di captazione ed alle infrastrutture di servizio e deve avere un'estensione di almeno 10 metri di raggio dal punto di captazione.

L'area di rispettoè costituita dalla zona immediatamente a ridosso della zona di tutela assoluta a cui vengono imposti vincoli piuttosto restrittivi e destinazioni d'uso tali da tutelare qualitativamente e quantitativamente la risorsa idrica captata. L'area di rispetto può essere suddivisa in zona di rispetto ristretta e zona di rispetto allargata "in relazione alla tipologia dell'opera di presa o captazione e alla situazione locale di vulnerabilità e rischio della risorsa". In particolare nella zona di rispetto sono vietati l'insediamento di centri di pericolo e lo svolgimento di attività così come definito dal comma 4 articolo 94 del D.Lgs. 152/06.

L'”Accordo del 2002” prevede anche la possibilità di individuare zone di rispetto aggiuntive, in sistemi fessurati o carsificati, non direttamente collegate all'opera di captazione, in corrispondenza delle quali siano stati verificati fenomeni di infiltrazione con collegamenti rapidi alle risorse idriche captate nel punto d'acqua (pozzo o sorgente).

Per zona di protezione si intende l'area, immediatamente circostante alle aree di rispetto, i cui limiti esterni coincidono preferibilmente con quelli dell'intero bacino di alimentazione della falda e a cui possono essere imposti i vincoli territoriali relativamente meno restrittivi di quelli delle aree di rispetto. Il bacino corrisponde, ovviamente, all'area nella quale avviene l'infiltrazione diretta delle acque meteoriche, alle eventuali aree di alimentazione indiretta ed a quelle di contatto con i corpi idrici superficiali dai quali le acque sotterranee traggono eventualmente alimentazione.

L'area di salvaguardia pur rappresentando una superficie di territorio tutelata dovrebbe essere considerata, una misura funzionale deputata a proteggere i corpi idrici o porzioni di essi dai quali si attinge la risorsa idropotabile.

 

Acque destinate alla vita dei molluschi

E’ necessario premettere che le acque destinate alla molluschicoltura, e alla vita dei molluschi stessi, sono tutelate sia dal punto di vista ambientale che sanitario.

Le acque destinate alla “vita dei molluschi”, in senso lato, che sono tutelate dal punto di vista ambientale e che rientrano pertanto nelle aree protette previste dalla normativa italiana (D.Lgs. 152/2006 e ss.mm.ii). Tali acque designate ai sensi della normativa italiana sono sovrapposte a zone di produzione/stabulazione dei molluschi bivalvi vivi (citati con l’acronimo MBV) classificate dal punto di vista sanitario.

 

Acque dolci idonee alla vita dei pesci

La Direttiva 78/659/CE è il primo riferimento normativo sulla qualità delle acque dolci che richiedono protezione o miglioramento per essere idonee alla vita dei pesci ed è stata recepita in Italia dall’omonimo abrogato D.Lgs. 130/92 . La vecchia direttiva è stata sostituita e codificata successivamente dalla nuova direttiva 2006/44/CE. Quest’ultima direttiva, modificata a sua volta dal regolamento (CE) n. 807/2003, aveva riunito il testo originale della direttiva 78/659/CEE, senza modificarne le disposizioni di base; anche la Direttiva 2006/44/CE non è più vigente, in quanto abrogata a sua volta dall’articolo 22 comma 2 della Direttiva 2000/60/CE, (allo scadere del tredicesimo anno dall’entrata in vigore di quest’ultima).

La Direttiva 2006/44/CE stabiliva i criteri minimi di qualità che dovevano essere soddisfatti dalle acque dolci per essere idonee alla vita dei pesci, definendo le caratteristiche fisiche, chimiche e microbiologiche, i valori limite vincolanti, nonché la frequenza minima di campionamento e i metodi di riferimento per l'analisi delle acque rientranti in tali categorie. Gli Stati membri erano tenuti, a loro volta, a fissare i valori che si applicavano a tali tipologie di acque, in conformità con le linee di indirizzo contenute nella direttiva abrogata medesima. Gli Stati membri dovevano designare inoltre le acque dolci idonee alla vita pesci, classificandole in acque salmonicole e ciprinicole. Dal momento dell’abrogazione della Direttiva, l’obbligo della designazione di tali tipologie di acque, per gli stati membri dell’Unione Europea è venuto meno, in quanto la Commissione considera sufficiente il regime di tutela implementato sui corpi idrici superficiali dalla DQA. Da ciò consegue, che anche il monitoraggio esistente ai fini del controllo della qualità delle acque idonee alla vita dei pesci è cessato dopo la data del 22 dicembre 2013, ritenendolo assolto con le procedure connesse al “monitoraggio dello stato ecologico e chimico delle acque superficiali”.

 

Acque di balneazione

Con la definizione "acque di balneazione" vengono indicate tutte le acque dolci superficiali, correnti o di lago e le acque marine nelle quali la balneazione è espressamente autorizzata o non vietata e per le quali non è stato imposto un divieto permanente di balneazione né emesso un avviso che la sconsigli permanentemente. In questo ambito non sono considerate come acque di balneazione le piscine e le terme, le acque confinate soggette a trattamento o utilizzate a fini terapeutici e le acque confinate create artificialmente e separate dalle acque superficiali e dalle acque sotterranee.

La direttiva che norma le acque di balneazione è la 2006/7/CE che è entrata in vigore nel marzo 2006 ed ha abrogato la precedente direttiva 76/160/CE; la direttiva 2006/7/CE è stata recepita in Italia con il D.Lgs del 11 luglio 2007, n. 94 e con il D.Lgs 30 maggio 2008, n. 116 ed è stata resa quindi applicabile grazie all’emanazione del Decreto Ministeriale Salute Ambiente del 30 marzo 2010 con oggetto “Definizione dei criteri per determinare il divieto di balneazione, nonché modalità e specifiche tecniche per l'attuazione del decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 116, di recepimento della direttiva 2006/7/CE, relativa alla gestione della qualità delle acque di balneazione”.

La direttiva 2006/7/CE stabilisce:

- disposizioni in materia di monitoraggio;
- classificazione della qualità delle acque di balneazione, secondo la scala qualitativa scarsa, sufficiente, buona o eccellente, in riferimento ai criteri di cui all’allegato II della direttiva;
- gestione della qualità delle acque di balneazione ed informazione al pubblico.

Fanno parte di questa tipologia le aree costiere balneabili, i laghi balneabili ed alcuni tratti fluviali balneabili.

Per quanto riguarda i laghi balneabili, costituiscono parte integrante delle aree protette, nel senso inteso dalla direttiva quadro acque:

- le acque di balneazione all’interno di corpi idrici lacuali di superficie maggiore di 0,5 km²;
- le acque di balneazione all’interno di corpi idrici lacuali di superficie compresa tra 0,2 e 0,5 km² per le quali, le competenti amministrazioni locali (Regioni/Province autonome), abbiano riconosciuto particolari caratteristiche ecologiche ed ambientali di pregio.

Quanto sopra in applicazione del D.Lgs 152/06, allegato I alla parte terza, che prevede l’individuazione di corpi idrici significativi da monitorare e classificare al fine del raggiungimento degli obiettivi di qualità ambientale.

Nella Provincia autonoma di Bolzano è stato designato solamente il lago di Caldaro che è stato suddiviso in tre aree protette; in quella di Trento invece sono state designate undici aree protette appartenenti a due bacini interni. Nella Regione del Veneto le aree protette sono prevalentemente posizionate lungo gli arenili marini ed in parte nei bacini interni, mentre nella Regione autonoma del Friuli Venezia Giulia alcune aree protette sono state designate lungo i fiumi.

 

Aree vulnerabili a norma della direttiva 91/676/CEE

La Direttiva 91/676/CEE ha come principali obiettivi la prevenzione e la riduzione dell'inquinamento delle acque causato direttamente o indirettamente dai nitrati di origine agricola.

Gli Stati membri, alla luce dell’ allegato II della Direttiva, devono fissare codici di buona pratica agricola concernenti modalità, periodi e condizioni per le operazioni di fertilizzazione e le indicazioni gestionali dei terreni; inoltre gli Stati membri devono elaborare e fare applicare i cosiddetti Programmi di Azione per le zone vulnerabili contenenti misure vincolanti (allegato III) e modalità di applicazione degli effluenti in rapporto all'uso del suolo. Queste misure devono garantire che il quantitativo di effluenti di allevamento sparso sul terreno ogni anno, compreso quello distribuito dagli animali stessi, non sia superiore alla soglia di 170 kg di azoto per ettaro. E’ comunque consentito agli Stati membri fissare quantitativi diversi in presenza di particolari condizioni.

 

Aree sensibili a norma della direttiva 91/271/CEE

La Direttiva 91/271/CE, modificata dalla Direttiva 98/15/CE per la parte riguardante l'Allegato I, ha l’obiettivo di proteggere l'ambiente da eventuali effetti negativi causati dallo scarico delle acque reflue urbane e vuole disciplinare il ciclo delle acque reflue costituito da raccolta, trattamento e scarico, e il ciclo delle acque reflue originate dal settore industriale costituito da trattamento e scarico. La direttiva 91/271/CE è stata recepita in Italia dapprima con il D.Lgs 152/1999 e, successivamente, con il D.Lgs 152/2006.

In quest’ottica, una delle disposizioni principali della direttiva prevede l'obbligo, per gli Stati membri, di realizzare

un sistema di raccolta delle acque reflue urbane combinato ad un sistema di depurazione delle stesse.

A tal fine, spetta agli Stati membri, tra gli altri adempimenti, l’individuazione delle “aree sensibili”, sulla base dei criteri stabiliti nell’allegato II. Tali criteri fanno riferimento a tre tipologie di ambienti acquatici:

- acque dolci, estuari e acque costiere già eutrofizzate o esposte al rischio di eutrofizzazione in assenza di interventi protettivi specifici (criterio a);
- acque dolci superficiali destinate alla produzione di acqua potabile la cui concentrazione di nitrati è o potrebbe essere superiore a 50 mg/l (criterio b);
- aree che necessitano di un trattamento complementare per conformarsi alle prescrizioni di altre Direttive, quali ad esempio le acque destinate alla pescicoltura, le acque di balneazione, le acque destinate alla molluschicoltura, nonché le direttive sulla conservazione degli uccelli selvatici e degli habitat naturali, ecc. (criterio c).

È sufficiente che un sistema idrico soddisfi uno solo di questi criteri per essere considerato area sensibile.

Per il criterio a) per individuare e, poi, ridurre il nutriente con successivo e ulteriore trattamento occorre tenere conto dei seguenti aspetti:

- nei laghi e nei corsi d'acqua che si immettono in laghi/bacini/baie chiuse con scarso ricambio idrico e ove possono verificarsi fenomeni di accumulazione la sostanza da eliminare è il fosforo, a meno che non si dimostri che tale intervento non avrebbe alcuno effetto sul livello dell'eutrofizzazione. Nel caso di scarichi provenienti da ampi agglomerati si può prevedere di eliminare anche l'azoto;
- acque negli estuari, nelle baie e nelle altre acque del litorale con scarso ricambio idrico, ovvero in cui si immettono grandi quantità di nutrienti, se, da un lato, gli scarichi provenienti da piccoli agglomerati urbani sono generalmente di importanza irrilevante, dall'altro, quelli provenienti da agglomerati più estesi rendono invece necessari interventi di eliminazione del fosforo e/o dell'azoto, a meno che non si dimostri che ciò non avrebbe comunque alcun effetto sul livello dell'eutrofizzazione.

 

Aree designate per la protezione degli habitat e delle specie

La direttiva 79/409/CEE “Uccelli” modificata dalla successiva direttiva 2009/147/CE, mira a proteggere, gestire e regolare tutte le specie di uccelli viventi naturalmente allo stato selvatico nel territorio europeo degli Stati membri, con una protezione estesa alle uova, ai loro nidi ed ai loro habitat. Gli Stati membri devono anche preservare, mantenere o ripristinare i biotopi e gli habitat di talune specie ornitiche, istituendo zone di protezione, mantenendo gli habitat, ripristinando i biotopi distrutti e creandone di nuovi. Per talune specie di uccelli identificate dalla direttiva (allegato I) per le specie migratrici sono previste misure speciali di protezione degli habitat. La direttiva stabilisce un regime generale di protezione di tutte le specie di uccelli, comprendente in particolare il divieto:

- di uccidere o catturare deliberatamente le specie di uccelli contemplate dalle direttive; la direttiva autorizza tuttavia la caccia di talune specie a condizione che i metodi di caccia utilizzati rispettino taluni principi;
- di distruggere, danneggiare o asportare i nidi e le uova;
- di disturbarle deliberatamente;
- di detenerle.

La Direttiva 92/43/CE “Habitat” mira a contribuire alla conservazione della biodiversità definendo un quadro comune tra gli stati membri per la conservazione delle piante e degli animali selvatici e degli habitat di interesse comunitario. La direttiva prevede che sia istituita una rete ecologica europea denominata "Natura 2000"; tale rete è costituita da "zone speciali di conservazione" designate dagli Stati membri in conformità delle disposizioni della direttiva, e da zone di protezione speciale istituite dalla direttiva 2009/147/CE concernente la conservazione degli uccelli selvatici. Gli allegati I (tipi di habitat naturali di interesse comunitario) e II (specie animali e vegetali di interesse comunitario) della direttiva forniscono indicazioni circa i tipi di habitat e di specie la cui conservazione richiede la

designazione di zone speciali di conservazione (ZSC). Alcuni di essi sono definiti come tipi di habitat o di specie "prioritari" (che rischiano di scomparire). L'allegato IV elenca le specie animali e vegetali che richiedono una protezione rigorosa.

 

 

 

   
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